I mille volti degli RSPP

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studiomarotta81
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Per parlare dei RSPP non sembri fuori luogo ispirarsi agli eroi di Sergio Leone e insieme alle situazioni provocatorie e un po’ kafkiane evocate da Lina Wertmüller; il titolo di questa riflessione nasce così!

Il RSPP ha un ruolo preciso e ben definito dal Legislatore che nella pratica si declina in mille modi diversi per svolgere l’arduo compito di perseguire obiettivi di Prevenzione e Protezione. All’atto pratico il RSPP deve quasi sempre anche contemperare l’interesse dei Lavoratori e le esigenze, o i limiti, dell’Azienda, trovandosi con analoga frequenza in una posizione “tra l’incudine e il martello”.

Il RSPP evoluto deve essere quindi un Manager della Sicurezza, un “Safety Coach” per tutte le figure che costituiscono il sistema socio-tecnico aziendale e infine un Consulente carismatico per il Datore di Lavoro. Una sinergia di Hard e Soft skills che solo la vocazione per la materia può orientare verso un ruolo tra i più vituperati e, proporzionalmente alle responsabilità, tra i meno retribuiti in termini sostanziali e di prestigio aziendale, fatte salve poche eccellenti eccezioni in contesti ad alto rischio e molto strutturati, come ad esempio nel settore petrolchimico.

Questa visione “epica” e un po’ eroica perde molto del suo fascino analizzando le casistiche possibili che con uno sforzo titanico proverò a sintetizzare poiché le variabili possono essere svariate.

Innanzitutto, distinguiamo il background culturale del RSPP:

Tipo A): Ingegnere che ha dovuto integrare le conoscenze giuridiche.

Tipo B): Giurista che ha dovuto integrare le conoscenze tecniche.

Tipo C): Soggetti formati secondo tutti gli altri possibili indirizzi tecnici ed umanistico-antropologici che hanno sgobbato per acquisire competenze sia tecniche che giuridiche funzionali alla materia.

In questi tre casi, quasi tutti hanno comunque dovuto integrare le proprie conoscenze con rudimenti di psicologia, scienza del comportamento, management, ergonomia ecc. ecc.

Fin qui la mia disamina rappresenta chi gioca in serie A, ovvero coloro che sono appassionati alla materia e che amano studiare e continuano a farlo, animati da curiosità e deontologia. Insomma, una figura poliedrica necessaria per fronteggiare la complessità della sicurezza, perché la Sicurezza con la S maiuscola è “la scienza delle scienze” (cito l’amico Gianpaolo Natale). Senza una competenza tecnico-scientifica, l’approccio giuridico ridurrebbe la sicurezza ad un mero adempimento, con un inefficace approccio prescrittivo basato su una applicazione pedissequa e formale dei dettami del Decreto 81 che troppo spesso tende a tradursi essenzialmente o banalmente in una mera produzione documentale. Senza una competenza giuridica il tecnico rischierebbe di fare un lavoro sostanzialmente valido, ma potenzialmente inefficace nell’eventualità di un confronto in sede giudiziaria. Inoltre ritengo che la capacità interpretativa della “ratio legis” e del “combinato disposto” normativo, propria della materia giuridica, costituisca un’abilità indispensabile per un corretto supporto alle imprese. In ogni caso, servono anche competenze psico-organizzative, assolutamente necessarie per mettere a terra i processi virtuosi della Prevenzione, in carenza delle quali si vanificherebbe ogni azione che deve invece considerare sistematicamente lo Human factor e la rilevanza dei comportamenti ai fini prevenzionistici. Si tratta quindi di una figura chiave per l’organizzazione alla quale l’azienda deve riconoscere un ruolo essenziale anche ai fini della business continuity, oltre che per importanti ragioni etiche e di compliance.

Poi dobbiamo distinguere le varie declinazioni previste dal Legislatore: RSPP Interno, RSPP esterno e RSPP Datore di Lavoro. Tralasciando per un attimo l’ultimo caso, i primi due hanno approcci al ruolo anche molto diversi premettendo che, secondo una imprescindibile logica aziendalistica, il background culturale deve essere sintonizzato, integrato e soprattutto collaudato attraverso l’esperienza.

Nel RSPP Interno troviamo la profondità, la conoscenza nel dettaglio (perché le Aziende sono fatte di mille anfratti e di lavorazioni sporadiche nelle quali si possono annidare pericoli anche significativi, ma soprattutto più insidiosi perché meno evidenti) senza trascurare che le Aziende sono fatte anche di dinamiche relazionali interne che comprendono gelosie, scaramucce e financo amori che si possono cogliere pienamente solo dall’interno, nell’intimità dell’Organizzazione.

Il RSPP/Consulente esterno invece ha la straordinaria possibilità di conoscere svariate situazioni e di cimentarsi nel “problem solving” ben più che in una singola Impresa, imparando ogni giorno, allargando le proprie conoscenze e costruendo un know how che poi potrà essere messo a disposizione di altri Clienti (ovviamente sempre con riferimento alla Sicurezza e preservando assolutamente i “segreti di bottega”).

La migliore soluzione è determinata dall’aver ricoperto entrambi ruoli, meglio ancora se prima da interno e poi da esterno, con il mindset della “cura” e soprattutto con il senso di responsabilità del manager aziendale. Si articolerebbe così a mio avviso una carriera ideale che potrebbe sfociare al massimo livello, laddove a conclusione di tale percorso, il RSPP assumesse un ruolo interno in una grande azienda dove mettere a frutto tutto lo scibile acquisito, ma lo stesso potrebbe anche essere un ottimo tutore per RSPP più giovani, una sorta di Frate Guglielmo da Baskerville (cit. Umberto Eco) che insegna all’allievo meno esperto dove e come guardare, perché peraltro il RSPP deve anche saper indagare.

Personalmente amo il ruolo esterno, non solo per la stimolante varietà dei casi e dei contesti, ma soprattutto per la possibile terzietà concessa da questa condizione, per esercitare con indipendenza un ruolo di mediazione spesso necessario rispetto ai complessi interessi in gioco, soprattutto se il consulente / RSPP ricopre un ruolo proattivo per la Sicurezza e non si limita a recapitare un rapporto, magari davvero completo e ben argomentato, ma che rischia, nella realtà dei fatti o in mancanza di un vero ed aperto confronto, una misera ed infruttuosa archiviazione.

Completano il panorama, sempre a mio modesto parere, il RSPP Datore di lavoro, il “RSPiPPa” e il “FRSPPE” (concedetemi le licenze poetiche….). Il RSPP Datore di lavoro, per come è attualmente concepito, ritengo sia un “abominio” previsto per semplificare la vita alle microimprese che nella pratica, salvo rarissime eccezioni, si traduce in una inutile incombenza sull’Imprenditore il quale dovrà comunque avvalersi di un Consulente competente ed aggiornato o che, in alternativa e con pregiudizio per la sicurezza della propria Impresa, rinuncerà alla competenza (che non può derivare da poche ore di corso “faticosamente” frequentato da una figura con mille impegni e preoccupazioni) e quasi certamente rinuncerà all’oneroso impegno dell’aggiornamento, assolutamente sproporzionato per una funzione operativamente marginale della propria attività. Circa il “RSPiPPa” uso una definizione volutamente scherzosa per un soggetto che analogamente al “turista per caso” ed all’ “eroe per caso” potremmo anche definire “RSPP per caso” (o per opportunità) che magari si è trovato forzatamente ad assumere questo ruolo senza appassionarsi alla materia e molto spesso dovendo dare priorità ad altri ruoli tecnici e produttivi per cui difficilmente avrà competenze adeguate e quasi certamente, come nel caso precedente, rinuncerà all’oneroso impegno dell’aggiornamento. Da ultimo il “FRSPPE” (Furbo RSPP Esterno) che magari è il più competente tra questi ultimi, ma ammorba il settore cavalcando la legge della domanda e dell’offerta dove, in assenza di una adeguata cultura della Prevenzione, la sicurezza verrà vista come un mero obbligo normativo e burocratico da assolvere con un certo quantitativo di carta formato A4.

Per soddisfare tale domanda il “FRSPPE” ha:

A) frazionato la propria agenda in modo da “seguire” (si colga il sarcasmo) un numero talvolta spropositato di Imprese, anche centinaia!!!;

B) organizzato una efficientissima copisteria, magari agevolata dalla tecnologia digitale, capace di produrre in grande serie quei formalismi resi troppo spesso inutili dalla mancanza di impegno e consapevolezza, tipici dei Clienti di tali soluzioni, che in fondo sono vittime raggirate ed irretite da offerte “low cost” e soprattutto da chi specula sulla loro incapacità di distinguere qualitativamente il servizio ricevuto.

Sono certo che chi come me ha 30 anni di attività in questo ambito sa bene di cosa stia parlando.

Mentre stiamo aspettando di essere “illuminati” dai prossimi Accordi Stato-Regioni, mentre la retorica conseguente alle tragedie sul lavoro continua a ripetere che “le norme ci sono ma vanno applicate” o che “mancano i controlli”, il Legislatore potrebbe mettere un po’ d’ordine nel settore disciplinando il ruolo consulenziale connesso al RSPP esterno, ruolo assolutamente rilevante per la sicurezza, così diffuso se non prevalente nelle PMI che rappresentano la maggioranza delle imprese nazionali. Ad esempio, registrando il ruolo di RSPP sul portale INAIL, come accade per il RLS, in modo da monitorare l’abbinamento Impresa/Professionista. Ad esempio connettendo l’abilitazione ad un rating, in modo che l’abilitazione stessa possa decadere in caso di inadempienze rilevate ed infine, ma quale azione fondamentale, attribuendo parte delle responsabilità della sicurezza dei Lavoratori sul Consulente / RSPP Esterno quale “progettista della Sicurezza” analogamente a quanto avviene nella prevenzione incendi. Certo le parcelle sarebbero da adeguare in modo da poter garantire quell’impegno concretamente necessario, ma fino a che, in assenza di filtri, ci sarà chi può barare, stiamo pur certi che anche i più seri professionisti dovranno adeguarsi al vigente mercato al ribasso, inficiato dalle suddette distorsioni speculative o banalizzanti.

Infine, questa disamina, che non pretende di essere esaustiva, deve tener conto del rapporto tra RSPP e Datore di Lavoro. In primo luogo, solo se il RSPP ha un rapporto diretto e soprattutto dialettico con il Datore di lavoro o i vertici aziendali che lo rappresentano, sta davvero ricoprendo questo ruolo. In secondo luogo, da questo rapporto e quindi dal “commitment” apicale per la Sicurezza, dipende l’efficienza e la funzionalità del SPP. È evidente l’effetto funzionale di una mancata risposta alla proposta di azioni migliorative se non correttive, ma è ancor più significativo e pernicioso l’effetto della frustrazione che ciò genererà nel RSPP il quale darà il meglio di sé solo se il suo ruolo sarà considerato e rispettato.

In fondo sono stato severo con gli “FRSPPE”. In alcuni casi si tratta di furbi nati, ma posso comprendere, almeno in parte, quelli che furbi lo sono diventati per le varie delusioni che possono aver incontrato nella carriera.

Concludendo, e ritornando ai casi virtuosi, per definire il RSPP ideale emerge prepotentemente un principio aureo della formazione, qui applicato al percorso di crescita di questa figura nel passare dal sapere (la conoscenza), al saper fare (l’esperienza) al saper essere (la competenza concreta ed efficace). Questa è la sintesi che propongo per un ruolo o una professione che richiede vocazione, passione, etica ed interiorizzazione, fino all’eroismo appunto…

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